Chi è il Buddha?
Siddhartha Gautama, prima di essere chiamato il Buddha, era il figlio di un ricco re dell’India del Nord. Fin dall’inizio suo padre aveva pensato per lui un grande destino, legato al regno e al potere che aveva in quanto figlio del re. Siddharta crebbe tra il lusso e le comodità, lontano dalla miseria, dalla morte e dalla malattia. Un giorno però Siddharta fugge da palazzo e, spinto da curiosità e bisogno di ricerca, si rende conto che il mondo che suo padre stava costruendo per lui era una prigione dorata: decide così di rinunciare al potere, alla fama, al denaro e alla famiglia. Scappando dal reame a cavallo tocca con mano la fragilità della condizione umana e diviene consapevole della sofferenza che spesso l’accompagna. Da quell’incontro in Siddharta si fa strada l’intenzione di comprendere ed alleviare, se non addirittura estinguere, la sofferenza umana.
Si dedicò così all’ascesi e alla meditazione, praticò la mortificazione del corpo e, dopo averne fatto esperienza, si disse insoddisfatto dalle pratiche ascetiche estreme poiché ritenute da lui inutili e dannose. La sua ricerca continuò fino all’età di circa trentacinque anni quando, seduto a gambe incrociate sotto un albero di fico, egli raggiunse l’illuminazione perfetta. Presto nacque in lui l’intenzione di diffondere la sua realizzazione a tutti.
Da quel momento, Siddharta diventò il Buddha
“Il risvegliato”.
La sua storia è ricca di simboli e parla al cuore di ognuno di noi.
Buddha era un uomo come tutti e ciò che ha fatto lo possiamo realizzare anche noi. Buddha aveva a disposizione tutto ciò che un essere umano può desiderare del mondo materiale: cibo, comfort, sesso e divertimento. Eppure tutto questo non era sufficiente a farlo sentire completo, c’era dell’altro che chiedeva di essere esplorato.
Quante volte crediamo che se potessimo possedere quell’agio che ancora non abbiamo allora saremmo felici?
Quante volte crediamo che la nostra felicità risieda nelle situazioni che viviamo, nelle persone e nelle cose che possediamo?
Il Buddha ci parla proprio di questo. Era in una posizione in cui poteva avere tutto il desiderabile, eppure non bastava. Perfino il mondo dell’ascetismo e delle rinunce non si rivelò essere la strada che lo conduceva alla piena illuminazione.
L’illuminazione accadde sotto un albero, mentre sedeva in meditazione.
Cos’è questa illuminazione? Non ne può parlare chi non lo ha realizzata, ed anche chi l’ha realizzata dice che nessuna parola può descriverla. La piena illuminazione è il concetto che viene usato per definire un esperienza, quella della cessazione della sofferenza. Le parole e gli insegnamenti sono utili ad indicare la strada per l’illuminazione, ma non sono l’illuminazione. Con questa premesse Buddha provava a trasmettere ciò che aveva realizzato.
In profonda quiete fece esperienza della vera natura della realtà e comprese che ogni azione lontana da questa verità, causava sofferenza.
Uno degli insegnamenti principali del Buddha ci trasmette che l’origine della sofferenza risiede nell’ignoranza che ci impedisce di cogliere la realtà per quella che è: tutto cambia e tutto è interconnesso, pertanto ogni volta che ci attacchiamo ad un’idea su chi siamo e su come le cose debbano andare o non debbano andare, siamo destinati a soffrire.
La fine della sofferenza accade quando chi crediamo di essere si dissolve e cogliamo la realtà per quella che è, al di là dell’apparenza dei fenomeni.
È un processo che possiamo sperimentare ed espandere all’infinito.
Ciò che crediamo di essere svanisce e ciò che siamo diventa così vasto da abbracciare il mondo intero. Siamo molto di più di quello che crediamo di essere.
Buddha ci ha lasciato molte pratiche e insegnamenti utili al nostro risveglio nella vita di tutti i giorni, affinché attraverso di esse possiamo fare tesoro della sua esperienza ed intraprendere il cammino che ci porta al centro di noi stessi, sulle orme del Buddha che è in noi.