Cheri Huber è da più di trent’anni insegnante di buddhismo zen in California dove ha fondato lo Zen Monastery Peace Center di Murphys e il Palo Alto Zen Center. Ospite di varie trasmissioni radiofoniche e televisive negli Stati Uniti, tiene seminari e ritiri in tutto il mondo. Nei suoi ritiri insegna l’arte della meditazione e dell’attenzione consapevole. Sulle orme del Buddha insegna che tutta la nostra sofferenza deriva dal confonderci con i nostri pensieri.
Cosa significa confondersi con i propri pensieri? Significa credere che siano veri e quando lo facciamo ci allontaniamo dall’esperienza della realtà. Facciamo un esempio:
se fossi una persona migliore, sarei felice
se perdessi peso, sarei felice
se avessi una casa più bella, sarei felice
se lui mi chiedesse scusa, non sarei arrabbiato
Sono pensieri piuttosto comuni no? Cosa accade quando crediamo a questi pensieri? Quando crediamo a pensieri di questo tipo soffriamo. Perché accade questo? Perché un processo non porta ad un altro! Ciò che faccio è ciò che ottengo!
Sforzarsi nell’essere migliori non porta ad essere felici.
Perdere peso non porta ad essere felici.
Avere una casa più bella non porta ad essere felici…
Ottenere ciò che si vuole non porta ad essere felici. Cambiare l’ambiente circostante non porta ad ottenere le sensazioni che vogliamo. L’unica cosa che otterrò dalla vita è ciò che sto praticando in questo momento.
Non esiste altra possibilità.
Se perdi peso, avrai qualche chilo in meno e questo non ha nulla a che fare con la tua felicità. Se ti sforzi nel tentativo di essere migliore, forse sarai più stanco di prima e non è detto che sarai più felice. Essere felici non dipende nè dal contesto nè dalle circostanze: ogni volta che facciamo dipendere quest’esperienza da qualcosa o qualcuno, ci stiamo allontanando dalla nostra vita.
È abbastanza semplice osservare le azioni esterne che compiamo (lavare i piatti, guidare, lavorare ecc…), più difficile è osservare le azioni della nostra mente! Preoccuparsi, rivedere momenti sgradevoli o “fallimenti”, temere situazioni future, cercare di controllare gli eventi: sono tutte azioni. Il counseling volge molta attenzione a queste azioni interne perché sono quelle di cui spesso siamo meno consapevoli.
Se siamo abituati a preoccuparci per il futuro – perché crediamo che fare questo ci protegga dal peggio che verrà – probabilmente ci sentiremo stanchi e infelici. Perché accade ciò? Perché ciò che facciamo è ciò che otteniamo; se ci preoccupiamo, non accumuliamo serenità nel futuro, ma preoccupazione nell’unico luogo in cui siamo: il presente.
Una delle potenzialità del counseling è quella di guidare la persona a prendere coscienza e distanza da tutte le barriere che ostacolano la pace nel momento presente. Queste barriere sono abitudini di pensiero e di comportamento ed hanno tutte una radice comune: ci separano dalla possibilità di vivere serenamente il momento presente. Da questo punto di vista la crescita personale è un percorso attraverso cui noi alleniamo la nostra capacità di vedere le barriere che ci separano dal momento presente e “lasciarle cadere” , togliere loro la nostra attenzione e volgerla a ciò che sta accadendo qui e ora.
Non serve combattere lotte interiori per stare in pace nel momento presente: lottare è lottare, stare in pace è un altro processo. Quando ci accorgiamo dei pensieri e comportamenti che alimentano la nostra sofferenza, ne abbiamo già preso distanza: ora siamo nell’accorgerci, come dice Eckhart Tolle. La figura del counselor per noi è una guida che accompagna il cliente nell’incontro con la sua vera natura, ovvero ciò che rimane di noi, senza tutti quei pensieri e comportamenti che ci allontanano dalla pace incondizionata. Tutti vogliamo essere felici e abbiamo tutti un’idea di cosa sia la felicità per noi. Alcuni pensano che felicità consista nel fare ciò che si vuole, nell’ottenere ciò che si vuole, sia essere ciò che si vuole… Una convinzione comune è che la pace, la serenità e la felicità vadano cercati altrove dal momento presente.
Non è così! È tutto un imbroglio!
Cheri Huber, sulle spalle dei grandi maestri che l’hanno preceduta, ci insegna che noi siamo la pace e la serenità che cerchiamo, dal momento che smettiamo di cercarla inseguendo i nostri pensieri. Facciamo ancora un altro esempio.
Siamo sdraiati su una panchina di un parco, al sole. Si sentono degli uccellini e il suono del vento in lontananza. Fa quasi caldo, sta arrivando la primavera. Noi siamo qui, sdraiati in su questa panchina, nella pace e serenità di questo angolo di paradiso e ad un certo punto arriva un pensiero “dovrei cominciare a fare attività fisica, sta per arrivare l’estate e non mi piaccio per nulla”. Con questo pensiero fuggiamo in un mondo di immagini mentali che rimbalzano tra un’ipotesi di iscriversi in palestra e il disprezzo che proveremmo nel vederci in costume al mare, tra la fatica che proveremmo ad alzare dei pesi e la grandiosità del nostro fisico trasformato dal duro lavoro. Non siamo più presenti, siamo fuggiti in un mondo di immaginazione e, se crediamo vero questo pensiero, potremmo iniziare a credere che abbiamo bisogno di avere un fisico da Dio greco per poter stare in pace e sereni con noi stessi. Aspettate un attimo!
Un momento fa stavamo bene, eravamo sereni, felici del momento che stavamo vivendo ed ora non più, cosa è accaduto? Credendo vero questo pensiero ci siamo allontanati dalla felicità che già eravamo, dal momento che non le ponevamo alcuna condizione. Ora non abbiamo bisogno di alcun corso di fitness per essere felici: il corso di fitness ci renderà più snelli, muscolosi forse, ma la pace è un’altra cosa. La pace del momento presente l’abbiamo persa dal momento che abbiamo creduto ad un pensiero che la indicava in un altro luogo e in un altro tempo.
Cheri Huber nei suoi libri, seminari e ritiri aiuta le persone a divenire consapevoli, allenando l’attenzione: in questo modo possiamo togliere energia a ciò che alimenta la nostra sofferenza e godere di ogni momento presente, qui e ora, per tutta la vita.