Milton Erickson è riconosciuto come uno dei più importanti psicoterapeuti e ipnoterapeuti del Novecento. Rivoluzionò la prassi dell’ipnosi come approccio terapeutico e diede un contributo teorico e tecnico originale e innovativo alla terapia, sia concependo l’inconscio come un luogo ricco di risorse fondamentali, sia nell’uso innovativo di comunicazioni e compiti per il paziente. Il lavoro di Erickson ebbe una notevole influenza nello sviluppo di molte nuove terapie, teorie e approcci psicologici, come la terapia strategica breve, la programmazione neuro linguistica (PNL) e il costruttivismo.
Nacque in Nevada, secondo di undici figli; la famiglia si trasferì con un “carro da pionieri” verso est, stabilendosi in una zona estremamente rurale nel Wisconsin, dove misero in piedi una fattoria. Erickson soffrì fin da giovanissimo di problemi neurologici: era nato con alcuni deficit sensoriali come l’amusia (incapacità di apprezzare e cogliere l’armonia dei suoni musicali), la dislessia ed un grave daltonismo, che gli permetteva di apprezzare solo il viola; inoltre soffrisa di numerose allergie e si ammalò due volte di poliomielite rischiando di morire. Gli attacchi di poliomelite gli lasciarono un’ulteriore disabilità fisica: l’atonia muscolare e un’aritmia cardiaca. Contro la prognosi dei medici che affermavano che sarebbe rimasto paralizzato a vita, all’età di 17 anni, dopo il primo attacco di poliomielite, Erickson riprese miracolosamente a camminare e a parlare, grazie ad un allenamento psico-fisico che costituì anche la base della sua futura ricerca scientifica nel campo della auto-ipnosi. Su consiglio del medico curante, all’età di vent’anni si dedicò alla canoa per migliorare il proprio fisico, riuscendo a percorrere in solitudine 1.200 miglia sul Mississippi, con poche provviste e pescando per nutrirsi. In seguito studiò medicina specializzandosi in psichiatria e insegnò all’Università del Michigan. Decise poi di dedicarsi alla professione privata.
La vita di Milton Erikson è costellata di aneddoti che possono essere occasione di apprendimento per tutti noi, almeno quanto la sua vita professionale. Erikson non ha mai scritto libri riguardanti la sua filosofia o il suo modo di interpretare il mondo, è la sua vita a parlare per lui. Le sue esperienze terapeutiche e vari aneddoti riguardanti la sua quotidianità testimoniano che Erikson era una personaggio capace di incontrare ogni persona dallo specifico punto di vista che genera soluzioni. La sua abilità come terapeuta non si fondava soltanto su una vasta competenza tecnica, era soprattutto collegata alla profonda capacità di risuonare con un altro essere umano ed entrare nel suo mondo, cogliendo il suo punto di vista. Questa abilità ad entrare nel punto di vista dell’altro, osservarlo con attenzione, comprenderlo, è fondamentale per poterlo guidare verso una nuova esperienza di sè e del mondo.
Sono le esperienze che cambiano la vita delle persone e non le teorie,
per questo la sua grande abilità di ipnotista era utile ai suoi clienti nella misura in cui apriva loro nuove prospettive, creando nuove esperienze. Ogni persona, se utilizza bene la sua mente, può imparare a guardare alla vita con uno sguardo che genera soluzioni e risorse. Le nostre difficoltà diventano così un’occasione per trovare o costruire in noi un mondo di risorse che ci permetta di vedere e agire nel mondo in modo differente.
Eclatante è l’aneddoto di un cliente che soffriva di alcolismo: la sua prescrizione per lui fu quella di osservare un’ora al giorno un cactus e nient’altro. Ne risultò che presto il cliente smise di bere. Incredibile vero? Questa non è la ricetta magica per risolvere i problemi con l’alcool alle persone che ne soffrono, si tratta di una esempio unico, nato dalla relazione di Erikson con quel cliente. È un esempio formidabile che racconta della sua grande autorevolezza: chi dei lettori non ha pensato che questa prescrizione fosse una follia? Pensate la persona che aveva il compito di eseguirla: se l’ha fatto è anche perché Erikson doveva essere molto sicuro delle sue parole, e soprattutto queste parole sono state comunicate all’interno di una relazione di profonda fiducia. Questa prescrizione sembra assurda solo attraverso uno sguardo superficiale, in realtà Erikson ha invitato il suo cliente a fare un incontro che avrebbe potuto generare in lui proprio ciò di cui aveva bisogno: se impari dal cactus, non hai bisogno di bere molto per vivere. L’esperienza del cliente non è sintetizzabile in una formula logica, perché è qualcosa che avviene a livello profondo, cambiando così il comportamento della persona.
Nella nostra Accademia di counseling crediamo che noi siamo il risultato degli incontri che abbiamo fatto e che facciamo nella vita di tutti i giorni.
Il dialogo è un’esperienza, ma non solo: anche stare vicino ad una persona è un’esperienza, anche stare vicino ad un animale o vivere in un contesto particolare è un’esperienza. Ogni esperienza costruisce e modella ciò che siamo.
Pensateci bene: quanto vi hanno influenzato, ad essere ciò che siete ora, le esperienze che avete fatto sul lavoro? Quanto hanno determinato il vostro modo di stare nel mondo le relazioni che avete costruito col tempo? La relazione è un’esperienza che costruisce continuamente ciò che siamo, ed è fondamentale per un counselor – e per ogni essere umano – sapere che la qualità della relazione viene prima di ogni parola. Se un cliente soffre di tensione continua e agitazione, il counselor può rappresentare un modello di relazione attraverso la quale le sue ansie possono trovare un maggiore spazio e senso, fino al momento in cui avrà creato all’interno di sé questo luogo.
Cosa possiamo imparare da Erikson che possiamo portare nel nostro percorso di crescita personale? Molte cose, questo articolo verte sul valore dell’esperienza. Ogni giorno possiamo divenire consapevoli delle esperienze che stiamo costruendo per noi, ed allontanarci da quelle che ci tolgono vita e ci allontanano dalle nostre risorse. Allo stesso modo, ogni giorno possiamo costruire nuove piccole esperienze che nutrono le qualità che vogliamo portare nella nostra vita.
Riprendendo la prescrizione di Milton Erikson possiamo creare per noi un’ottima pratica. Andate in un luogo nella natura in cui vi piace stare e scegliete un elemento naturale che vi affascina: un albero? Un fiore? Una roccia? Le nuvole? Cosa vi affascina di questi elementi? La stabilità della roccia? La dolcezza del fiore? La libertà delle nuvole? Immaginate di diventare l’oggetto della vostra attenzione. Se state meditando sulla roccia, diventate la roccia, se state meditando sulle nuvole, diventate le nuvole. Se possibile fate questa pratica per un mese e rimanete in ascolto di cosa cambia nella vostra vita. Osservate bene, forse il libero fluire delle nuvole o la stabilità della roccia si sono presentati nella vostra vita, ed ora potete accorgervene.
Buona pratica!