Carl Rogers nasce nel 1902 a Oak Park, nello stato dell’Illinois, da una famiglia di origini protestanti. Lavora come psicologo presso le Università di Ohio, Chicago e Wisconsin ed in molte occasioni presta servizio come terapeuta per i reduci della Seconda Guerra Mondiale; nel 1964 viene nominato dall’American Humanist Association “Umanista dell’anno” e candidato come premio Nobel per la pace nel 1987.
Rogers si accosta alla malattia ed alla salute mentale da una prospettiva inedita che arricchisce l’atteggiamento della psicoterapia in occidente: fino agli inizi del XX secolo l’approccio al trattamento psicologico era basato su due assunti di base, ovvero che
1 – salute mentale e sofferenza psichica fossero due categorie distinte e separate, e che
2 – la psicologia dovesse occuparsi principalmente di psicopatologia, ovvero degli infiniti modi in cui la nostra psiche si può “ammalare”.
Rogers, nel suo approccio terapeutico, propone la visione dell’essere umano come un processo in divenire, nel costante atto di creare se stesso, quindi ricco di infinite possibilità. In quest’ottica la salute non è una destinazione cui si arriva al termine di una terapia, ma è un “processo”, un’esperienza che accade momento per momento.
Da questa visione emerge un’altra importante conseguenza: se l’essere umano è essenzialmente una potenzialità di risorse che si realizzano solo parzialmente, allora la psicologia deve interessarsi non solo agli infiniti modi in cui ci si può ammalare psichicamente, ma anche e soprattutto a comprendere gli infiniti modi in cui si può esprimere al meglio la propria potenzialità.
Il processo attraverso il quale l’essere umano realizza sé stesso e si muove in armonia con il flusso di eventi della vita, è stato denominato da Carl Rogers “buona vita”. La buona vita non è un decalogo di regole da seguire, ma la descrizione di un atteggiamento di cui possiamo fare esperienza in ogni momento, vedremo tra poco in che modo questa esperienza è accessibile a tutti noi, nessuno escluso.
È bene ricordare che la nostra Accademia di Counseling abbraccia l’approccio rogersiano, integrandolo e connettendolo con le grandi tradizioni sapienziali del mondo occidentale ed orientale: secondo la visione rogersiana, il counselor opera un intervento che è centrato-sulla-persona. Per approfondire questo modalità di intervento, specifichiamo prima di tutto che Rogers trasforma anche la terminologia nel setting di relazione d’aiuto: il terapeuta diventa facilitatore, ed il paziente diventa cliente. A ben vedere, già in questi termini si rivelano i nuovi presupposti di intervento sulla persona: viene scelto il termine facilitatore nel senso che il counselor aiuta il processo di autoconoscenza, facilitando il cliente a trovare le proprie risposte, partendo dalla convinzione profonda che nessuno può conoscerle meglio del cliente stesso. Viene scelto il termine cliente, al posto di paziente, per evidenziare la parte attiva della persona che, anzichè “patire” la propria sofferenza psichica, diventa il protagonista della relazione d’aiuto, identificando i problemi e la direzione che il processo di aiuto dovrebbe prendere: in quest’ottica Rogers vede il counselor come una guida che sostiene il cammino del cliente nel diventare consapevole di sé e fiducioso in se stesso, fino ad essere indipendente e capace di vivere una buona vita.
Cos’è quindi la buona vita?
È un atteggiamento con cui possiamo approcciare tutto ciò che ci accade, momento per momento. La vita cambia, noi cambiamo, le persone che incontriamo cambiano ed è necessario l’atteggiamento adatto per continuare ad attraversare in salute questo flusso mai uguale a se stesso: le difficoltà che incontriamo nella nostra vita ci appaiono come problemi irrisolvibili quando ci mostriamo rigidi ed ostili verso ciò che accade, anzichè rimanere morbidi ed accoglienti. Ecco l’essenza di questo atteggiamento per Carl Rogers: rimanere aperti, disponibili e curiosi verso ciò che sperimentiamo è essenziale per vivere una buona vita, altrimenti lotteremo sempre per far coincidere la vita con le nostre aspettative su come le cose dovrebbero o non dovrebbero andare. Altri punti fondamentali dell’intervento centrato-sulla-persona sono
la capacità di vivere nel momento presente,
sviluppare fiducia in se stessi,
assumersi le responsabilità delle proprie azioni,
trattare se stessi e gli altri con considerazione positiva incondizionata.
Come puoi ben notare, ogni punto necessiterebbe non solo di una nutrita spiegazione, ma anche di molta pratica per poter essere calato nella vita quotidiana. In questo articolo ti invitiamo a portare attenzione all’importanza dell’atteggiamento. Ricorda che ogni punto di quelli elencati sopra è connesso a tutti gli altri, per cui mentre inizi a praticare il nuovo atteggiamento, stai già sviluppando anche gli altri aspetti. Se dai valore all’esperienza che stai vivendo ora, sarai necessariamente più presente; inoltre, lasciando un po’ andare le aspettative su come le cose dovrebbero andare, svilupperai più sicurezza in te, oltre che uno sguardo pacifico verso le persone con cui ti relazioni. Per praticare il nuovo atteggiamento, ti suggeriamo una semplice pratica che può aiutarti a vivere le esperienze con animo più aperto, curioso e disponibile.
Durante la giornata sviluppa l’abitudine a stare in silenzio con te stesso, scegliendo volontariamente di non commentare internamente le esperienze che fai: commentare e confrontare le esperienze che vivi nel presente, con un passato che non c’è più o con modelli mentali preconfezionati su come le cose dovrebbero essere, ti toglie dal flusso della vita. Se riuscirai a non commentare internamente l’esperienza del presente, allora darai valore all’unico momento che conta: quello di cui stai facendo esperienza.
Sappiamo benissimo che non ti stiamo proponendo una pratica semplice, ma è bene che tu sappia che soltanto il fatto di portarvi attenzione può aiutarti a cambiare il tuo atteggiamento.
Questa pratica può portare grandi benefici e cambiamenti all’interno della tua vita perché se cambia il tuo modo di vivere le esperienze che ti accadono, cambi anche tu! Chi sei tu? Chi siamo noi? Anche il senso di chi siamo è frutto della nostra esperienza! Ogni istante è unico e irripetibile ed anche noi lo siamo: ecco che ogni rigida definizione che abbiamo di noi stessi diventa stretta per noi, e la vita si riempie di infinite possibilità.
Utilizzando le parole di Carl Rogers: “Che cosa sarò nel prossimo istante e ciò che farò scaturisce dal momento che non si può prevedere”.